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Lunedì, 29 Aprile 2024
Salute

Medico di base indagato per aver ignorato un suo paziente Covid

L'uomo è finito poi in terapia intensiva senza mai aver avuto un cenno dal suo dottore di famiglia. Lo ha denunciato e il tribunale lo ha iscritto nel registro degli indagati

Un medico di base finisce nel registro degli indagati dalla procura di Padova. Ipotesi di reato: lesioni personali colpose in ambito sanitario. A denunciarlo è stato un cinquantottenne di Vigonza (che all’epoca dei fatti era residente a Pianiga), finito in terapia intensiva a causa del Covid. Il suo medico non avrebbe mai risposto alle sue telefonate e alle richieste di aiuto da parte della moglie, ma si sarebbe limitato a rimpallare le responsabilità. Qualche “timida” risposta è arrivata solo dopo un mese, quando l'uomo era appena stato dimessi dopo aver rischiato la vita

I fatti

Il caso è seguito dallo Studio3A. Il professionista indagato ha 64 anni e ha lo studio a Pianiga, nel territorio di competenza dell’Asl 3 Serenissima. La vicenza è iniziata il 7 dicembre 2020, quando la presunta vittima è risultato positivo al tampone. Prima ancora aveva tentato di contattare il medico perchè la febbre era salita a 38, senza mai però ricevere risposta alle sue 5 telefonate. A prescrivergli il tampone quindi è la guardia medica di Peraga. Anche ottenere il risultato è un calvario: effettuato nella stessa serata all’ospedale di Camposampiero il tampone, un paio di giorni dopo l’uomo contatta di nuovo il medico curante, a cui l’Asl da prassi aveva comunicato l’esito del test. Nove le telefonate fatte, all’ultima la segretaria personale del dottore gli avrebbe detto: «Non siamo tenuti a comunicare il risultato». Dopo aver insistito, l’uomo ha scoperto che l’esito del tampone era risultato positivo.

La terapia intensiva

Il 10 dicembre il medico di base lo ha chiamato, rimproverandolo per la discussione avuta con la sua segretaria, e gli ha comunicato che il 17 dicembre si sarebbe potuto sottoporre a un nuovo tampone all’ospedale di Dolo (Venezia) ordinandogli due antibiotici, cortisone e iniezioni di Eparina. I sintomi, però, si sono fatti sempre più gravi. L’11 dicembre il paziente ha quindi effettuato nuova telefonata al suo medico che gli ha risposto assicurandogli che avrebbe inviato una mail all’Usca, Unità Speciale per la Continuità Assistenziale, per una visita a domicilio. Per tre giorni non è arrivato nessuno, mentre la febbre è salita a 40 grafi. La guardia medica, contattata la domenica, ha raccomandato di assumere Tachipirina “a manetta”. Diciassette le telefonate effettuate dall’uomo il lunedì al medico di base, all’ultima la segreteria ha risposto dicendo che il dottore era impegnato. Nel pomeriggio il professionista ha richiamato dicendo che se ne sarebbe occupato l’Usca. Due giorni dopo, la moglie ha chiamato direttamente il 118, il marito è stato trasportato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Camposampiero dove è entrato con la diagnosi “paziente Covid positivo da dieci giorni” rimanendo più di un giorno per poi essere trasferito d’urgenza al monoblocco dell’ospedale di Padova e quindi nella Terapia Intensiva del Sant’Antonio, dove stato ricoverato per una settimana.

La denuncia

La saturazione dell’ossigeno era crollata al 20 per cento, ma il fisico ha reagito: il 5 gennaio 2021 è stato dimesso. Il giorno dopo ha ricevuto una chiamata dall’Usca di Noale (Venezia): sarebbero stati a casa sua per la visita domiciliare. La richiesta via mail del suo medico di base è stata dunque evasa in 25 giorni, quando tutto era finito. Qualche giorno dopo, l’uomo si è presentato allo Studio3A per avviare le pratiche che hanno portato alla denuncia.

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