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Gioranta della memoria, Giordani: «Bisogna avere il coraggio di scegliere il dialogo»

Ricordo delle leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte e i campi di concentramento negli eventi anticipati in vista del 27 gennaio

Ha avuto luogo oggi, 26 gennaio, presso il Tempio Nazionale dell’Internato Ignoto a Padova, la cerimonia dedicata al “Giorno della Memoria” (che ricade però il 27), per ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. All’evento, la cui solennità è stata suggellata dalla deposizione di una corona d’alloro alla tomba dell’Internato ignoto posta all’ingresso del Tempio e dalla resa degli onori a cura un picchetto in armi del Comando Forze Operative Nord, hanno presenziato le massime Autorità del territorio, tra cui il Prefetto di Padova, S. E. Francesco Messina, il Sindaco della città e Presidente della Provincia, Sergio Giordani, il Comandante delle Forze Operative Nord dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Maurizio Riccò, e il Presidente dell’Associazione Nazionale Ex Internati nei Lager nazisti (A.N.E.I.) di Padova, Generale di Brigata (ris) Maurizio Lenzi.

Le medaglie

Al termine della cerimonia, presso l’adiacente Museo dell’Internamento, i familiari di nove internati hanno ricevuto le Medaglie d’Onore concesse alla memoria di militari e civili deportati nei lager nazisti. In precedenza, presso l’auditorium del Centro Culturale San Gaetano, si erano tenute le allocuzioni delle Autorità civili intervenute, le quali hanno voluto testimoniare in maniera unanime l’ineludibile importanza del “ricordo”, affinché questa dolorosissima pagina del passato non sia mai dimenticata né si ripetano più simili tragedie.

Il discorso del sindaco Giordani

«Ricordiamo oggi uno dei capitoli più bui della storia del ‘900.  Il 27  gennaio del 1945 i soldati sovietici arrivavano ad Auschwitz e abbattevano i cancelli del più grande campo di sterminio nazista. E’ questa la data scelta per ricordare la Shoah, in ebraico, letteralmente la catastrofe, la distruzione, del popolo ebraico, ferocemente pianificata dal regime nazifascista, i cui vertici politici, civili e militari dal 1938 al 1945, compirono uno sterminio sistematico di milioni di persone ritenute le cui vite erano considerate senza valore e quindi inutili e indesiderabili. Soprattutto ebrei, ma anche, rom, disabili, omosessuali, religiosi e oppositori politici. E se la “soluzione finale”, cioè la decisione di uccidere tutti gli ebrei presenti in Europa, fu presa  da un ristretto gruppo di gerarchi nazisti a Wansee solo il 20 gennaio del 1942, giova ricordare che il primo campo di concentramento e sterminio, il tristemente famoso campo di Dachau, fu aperto il 22 marzo 1933,  appena un mese dopo la salita al potere di Hitler. Una scelta che evidenzia un’ideologia di violenza e morte ben radicata nel nazismo e ben antecedente alle vicende del secondo conflitto mondiale. Lo sterminio attuato dai nazisti in Europa, e in Italia con la complicità del regime fascista, ha caratteristiche che purtroppo lo rendono unico nel ‘900 che pure è un  secolo tragicamente ricco di omicidi di massa compiuti ai danni di minoranze etniche, religiose e politiche. Non si era mai assistito, infatti, a una simile pianificazione scientifica dello sterminio, alla creazione di una vera e propria “industria della morte”, la cui efficienza era demandata a una rodata macchina burocratica. L’ideologia razzista e antisemita è partita dal rifiuto di riconoscere la dignità e il valore della vita degli ebrei in quanto tali, e ha teorizzato un massacro di massa fine a sé stesso, non legato alle vicende belliche, eseguito su scala internazionale senza eccezione alcuna per donne e bambini. Un abominio assoluto. A distanza di tanti anni ci chiediamo ancora oggi come un paese che ha dato i natali a geni del pensiero e della musica come Goethe, Hegel, Bach e Beethoven, sia potuta scendere ad un livello di barbarie tale da mettere in atto la cancellazione di sei milioni di ebrei. Ha provato a rispondere a questa domanda, creando più di qualche malumore, perché a nessuno piace essere avvicinato anche solo potenzialmente a cose del genere, la storica Hannah Arendt con il famoso libro “La banalità del male”.

La Arendt ci trasmette infatti un messaggio tanto semplice quanto difficile da accettare: la linea tra civiltà e barbarie, è più sfumata di quanto ci piacerebbe credere: “Le azioni erano mostruose ma chi le fece era pressoché normale”. Insomma non bisogna abbassare la nostra attenzione quando sono in gioco libertà, dignità, uguaglianza, diritti umani, perché il crinale verso ingiustizia e violenza è facile da superare. E’ bene ricordare queste cose perché c’è il rischio, quando la memoria si dissolve, che non si sappia più di che cosa stiamo parlando. E che si facciano paragoni e paralleli del tutto fuori luogo. Parliamo del male, della violenza per la violenza, parliamo di eventi che sono uno spartiacque nella storia non solo del mondo moderno. Tutto il mondo, quasi incredulo per quello che si scopriva dopo la guerra disse, mai più violenza, persecuzioni, sterminio, guerre. L’indignazione, l’orrore e i buoni propositi sono però man mano sfumati con il passare dei decenni e in tutto il modo purtroppo il dolore della guerra e la violenza contro le popolazioni è ben evidente. Oggi  non posso ignorare quello che è accaduto e accade in questi ultimi tre mesi e mezzo in Medio Oriente. Perché è il riacutizzarsi di una lunga guerra e perché coinvolge proprio gli ebrei. Abbiamo assistito ad attacco brutale contro i civili israeliani, molti dei quali uccisi e presi in ostaggio e  siamo spettatori di una risposta militare di durezza inaudita ancora in pieno svolgimento. Dobbiamo dire in modo chiaro e netto che la violenza, da qualsiasi parte provenga, non è la soluzione. La violenza genera altra violenza, in una spirale sempre più difficile da fermare, creando le condizioni perché lo scontro si ripeta all’infinito. Ancora deve essere chiaro che una cosa sono le politiche degli stati e delle entità politiche dell’area, un’altra i popoli coinvolti. E’ intollerabile assistere alla ricomparsa di minacce a donne e uomini, in quanto ebrei, così come è intollerabile e insensato il proposito di cancellare Israele dalla carta geografica. E ’intollerabile anche assistere alle sofferenze di migliaia di donne bambini e uomini, che nulla hanno a che vedere con le violenze verso lo stato ebraico, così come sono inaccettabili le condizioni in cui sono costretti a vivere, in una crisi umanitaria senza precedenti. Tutto questo ha un solo risultato: alimentare una spirale d’odio che avvelenerà i rapporti tra i due popoli ancora per generazioni. Bisogna avere il coraggio di scegliere il dialogo, di guardare lontano, come si era provato a fare nel lontano 1993 con gli accordi di Oslo, poi purtroppo naufragati. Lo stanno ripetendo in questi giorni  gli stessi Stati Uniti, l’Onu e ultimo l'Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell: l’unica soluzione, è quella dei due Stati costruendo un reale reciproco rispetto e rapporto di fiducia. Un compito che pare  immane da raggiungere in questo momento, ma al quale possiamo tutti dare un contributo, evitando di fare il tifo, acriticamente, a favore dell’uso delle armi e della violenza da una parte e dall’altra. Le parole sono importanti, danno voce ai pensieri, ai giudizi, guidano le azioni e i comportamenti e incidono sulla realtà. Cominciamo a usare parole di ascolto e di dialogo,  cominciamo a comprendere che la realtà è più complessa  degli slogan,  diamo il nostro contributo a una cultura di pace che rinnega la violenza. Questo mi sento di dire oggi, ricordando i milioni di morti a causa dell’ideologia nazifascista, la cui memoria non deve svanire nel tempo, e rendendo omaggio anche quelle donne e quegli uomini, che oggi noi ricordiamo come Giusti del Mondo che hanno saputo scegliere di stare dalla parte della giustizia, della vita e della pace. Facciamo sentire anche noi la voce della speranza e della pace, non lasciamo  che a parlare sia solo la violenza e la guerra».

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