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Teatro Covid-Free, Valeria Arzenton di Zed spiega il progetto su Rai Uno

Proposte concrete: dal biglietto autocertificato ed anti assembramento brevettato con Ticketmaster, al sostegno delle imprese con progettualità e strumenti fiscali idonei. Bisogna invertire la rotta, facendo capire che siamo luoghi sicuri e che la cultura è una pillola di benessere personale e collettiva

La difficile ripartenza dei teatri e dello spettacolo dal vivo: temi caldi ed attualissimi che questa mattina Valeria Arzenton di Zed ha rappresentato su RaiUno, ospite in diretta del programma televisivo Uno Mattina.

Una crisi epocale

«Non bisogna mai smettere di parlare di teatro e di spettacolo, sembra che l’intrattenimento sia un bene accessorio ma non lo è perché è un regalo di vita che ci facciamo ogni volta che assistiamo ad una rappresentazione. Stiamo affrontando una crisi epocale del nostro settore e dobbiamo fare appello al Governo nazionale e territoriale per far sì che le strutture ritornino a vivere e a suonare per il benessere collettivo».

Nessuna data certa per la ripresa

Non esistono ancora date certe di ripresa di questo settore, le restrizioni rimangono rigide e a parte le realtà sovvenzionate dal FUS, che sono nella condizione di ripianare deficit con fondi pubblici, per le imprese private di cultura e spettacolo non c’è scampo. «Noi non ci possiamo permettere, come si è visto in alcuni recenti eventi, che sul palco ci siano più persone che in platea. Insostenibile e fa male alla percezione pubblica dell’arte e del nostro lavoro».

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Forza e sostenibilità agli imprenditori del settore

Per questo anche con la neonata ATIP, di cui Valeria Arzenton è vicepresidente, si sta lavorando per dare forza e sostenibilità agli imprenditori del settore. Con proposte concrete, dal protocollo del teatro Covid Free (Biglietto autocertificato ed anti assembramento brevettato con Ticketmaster), al sostegno delle imprese con progettualità e strumenti fiscali idonei.

Incentivare il mercato

Uno dei possibili rimedi a questa incertezza è quello di incentivare il mercato e di adoperarsi per invertire l’atteggiamento psicologico per cui il divertimento è superfluo. «Il nostro è un pubblico che ha paura e che riflette, ora abbiamo un lavoro ancor più difficile perché bisogna far capire che siamo luoghi sicuri e che la cultura è pillola di benessere personale e collettiva. È ora che le Istituzioni pensino un po’ a noi. La riapertura deve essere un po’ per tutti e non escludente in modo totale di una fascia fragile come la nostra: a tutti è stata data la possibilità di raffazzonare un po’ di attività, a noi no, siamo completamente bloccati, con un lockdown che sembra non finire mai».

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