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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Agricoltura veneta in ginocchio a causa della siccità: fino a 170 milioni di danni

Gravi i danni subiti dalle colture di mais, soia e barbabietole, soprattutto nella parte meridionale della Provincia, dove i raccolti sono compromessi sino al 70%

Ammontano tra i 120 e i 170 milioni di euro i danni all’agricoltura veneta causati dalla prolungata siccità del 2017. A effettuare la stima è la Direzione agroalimentare della Regione Veneto, sentiti i soggetti interessati nel territorio delle sette province venete, in vista del confronto odierno tra le Regioni e il ministro per l’ambiente Gianluigi Galletti. Mancanza di piogge e alte temperature stanno mettendo in crisi le diverse aree del Veneto, senza esclusione alcuna.

GRAVI CONDIZIONI. “Rappresenterò al ministro le gravi condizioni in cui versano l’agricoltura veneta e l’approvvigionamento delle reti idriche per uso potabile e irriguo”, anticipa l’assessore veneto all’Agricoltura, oggi a Roma a rappresentare la voce del Veneto nella Conferenza Stato-Regioni (convocata alle ore 12). “Chiedo che la gestione della risorsa idrica privilegi le vere priorità, cioè gli usi civili e quelli irrigui, e non la produzione idroelettrica, che risponde a logiche di massimizzazione dei profitti. Un principio che deve valere per tutti, anche nel contemperare esigenze diverse tra regioni. Ma sosterrò anche che nella gestione del cosiddetto ‘oro blu’ si superi la logica degli interventi di emergenza (peraltro già costati al Veneto 7 milioni di euro tra approvvigionamenti idropotabili e interventi per uso agricolo) e si investa nel medio lungo periodo, secondo un piano strutturale di spesa. In Veneto servirebbe un piano da 180 milioni per gli usi civici, che comprende la prosecuzione del sistema acquedottistico regionale Mosav e le barriere contro il cuneo salino nel Polesine e nel Veneziano, e investimenti nelle opere strutturali della bonifica per altri 113 milioni di euro”.

A PADOVA. Nel dettaglio, questo lo stato dei danni provocati da oltre otto mesi di mancate precipitazioni, nella ‘fotografia’ scattata dalla Direzione agroalimentare del Veneto. Gravi i danni subiti dalle colture di mais, soia e barbabietole, soprattutto nella parte meridionale della Provincia, dove i raccolti sono compromessi sino al 70%. I bacini d’acqua sono ormai quasi esauriti e difficoltà si registrano anche per i vigneti, in particolare sui Colli Euganei, dove l’irrigazione è più difficile. Né le piogge di questi giorni hanno portato ristoro, visti gli apporti minimi o nulli, in particolare nella parte meridionale della provincia. La portata dell’Adige a Boara Pisani è pari al 53% della media.

LA REGIONE VENETO. “La gestione dell’acqua deve privilegiare gli usi prioritari, quello potabile e quello irriguo, e non il profitto di società che usano la risorsa idrica per scopi diversi e rispondono unicamente agli interessi dei propri azionisti. Non è più tollerabile che la gestione della risorsa idrica sia lasciata in mano a società che tendono ad ottimizzare i ricavi anziché preoccuparsi del corretto uso di una risorsa limitata, indispensabile per la vita umana e la società civile.”. E’ la posizione assunta dalla Regione Veneto, nel confronto odierno con il ministro per l’ambiente Golletti avvenuto nella Conferenza Stato-Regioni. Con un proprio documento la Regione Veneto, rappresentata dall’assessore all’Agricoltura e alle bonifiche e dall’assessore ai fondi comunitari, ha invitato il ministro ad intervenire per fronteggiare - a breve, media e lunga scadenza - le conseguenze delle scarse precipitazioni dello scorso inverno e primavera e dalle torride temperature di questa estate. L’amministrazione regionale ha già predisposto interventi emergenziali per oltre 7 milioni di euro ed è pronta ad emanare la quarta declaratoria di crisi idrica, protraendo così al 10 agosto lo stato emergenziale per limitare i prelievi irrigui del 50 per cento nel bacino dell’Adige e del 20% negli altri bacini – ha riassunto l’assessore veneto – ma la penuria d’acqua è aggravata dal fatto che a primavera i bacini idroelettrici che afferiscono all’asta dell’Adige erano quasi completamente vuoti, perché si è privilegiata la produzione idroelettrica rispetto ad una corretta gestione degli invasi.

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