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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Bovolenta

Omicidio di Bovolenta, lutto cittadino per l'ultimo saluto a Sara

Giovedì 7 marzo alle 15 nella parrocchia del paese sono fissate le esequie della mamma quarantenne straziata dalla violenza del suo ex compagno. Due giorni dopo sarà la volta del funerale di Alberto. Il pensiero del parroco

Si avvicina ad ampi passi il momento dei funerali a Bovolenta di Sara Buratin, 40 anni assistente alla poltrona in uno studio dentistico di Padova e di Alberto Pittarello, 38 anni caldaista in un'azienda di Ponte San Nicolò. Per il primo, giovedì alle 15 nella parrocchiale di Bovolenta, il sindaco Anna Pittarello ha proclamato il lutto cittadino. Un segnale forte dell'amministrazione comunale di rispetto e amore verso una donna straziata dal suo ex con 50 coltellate. Alle esequie è prevista la presenza di centinaia di fedeli anche provenienti da fuori paese. Nell'occasione il primo cittadino leggerà un messaggio in cui ribadirà il dolore della sua comunità, con un invito esplicito all'amore contro ogni forma di violenza. E' stata confermata ai due funerali la presenza di entrambe le famiglie che hanno deciso di vivere nel cordoglio reciproco questa drammatica vicenda a tutela della figlia di Sara e Alberto, che a soli 15 anni, sarà chiamata a crescere senza i suoi affetti più cari.

Il messaggio del parroco don Lodovico Casaro

«Dal pomeriggio di martedì 27, mentre festeggiavamo il nostro S. Gabriele, una densa cappa di tristezza e di morte è calata su Bovolenta. Incredulità, sconcerto, amarezza, pietà, sconforto sono i sentimenti che tumultuosamente si sono accavallati nell’animo di ognuno di noi mano a mano che si prendeva atto dei fatti successi. E, se il pensiero andava prima di tutto a Sara e al modo orrendo in cui era stata stroncata la sua vita, immediatamente poi si spostava su sua figlia che d’un tratto si è scoperta non solo senza genitori ma con la cruda realtà che uno era stato vittima dell’altro. Ma ancora il pensiero andava alle due carissime famiglie, di Sara e di Alberto, sulle quali è stata caricata una croce davvero troppo pesante con domande alle quali, forse, mai si riuscirà a dare una risposta. E ora ci siamo noi, qui, comunità di questo paese che si scopre fragile e inerme di fronte ad una tragedia, ad un male oscuro, insidioso e subdolo che, nonostante tanta evidenza, facciamo fatica ad individuare e a identificare. Ci facciamo delle domande. Cerchiamo di darci delle risposte a quanto accaduto. A volte si tratta di risposte sbrigative, a volte più riflessive e problematiche, altre volte ancora sono domande che restano aperte, senza conclusione. Ma, a differenza di altre occasioni, in cui queste tragedie avvenivano in paesi o città magari lontane da noi e sulle quali non costava nulla esprimere un parere, magari anche gratuito o pesante, stavolta i conti li dobbiamo fare tra di noi, a casa nostra. No, non credo, siano i proclami, gli slogan o il clamore mediatico ad essere decisivi, quanto piuttosto la volontà di relazionarci in modo più umano, più attento e più empatico tra noi, a partire dai rapporti di vicinato, di amicizie magari contratte sui banchi di scuola e che si cerca di mantenere nel tempo. E ancora nel salutarsi per strada o nel non avere paura di fermarsi anche solo per chiederci reciprocamente: “Come stai? Come va?” Se penso da quanto lontano possono partire propositi perversi che causano tanto male e ci fanno tutti soffrire, penso che anche il bene ha un suo lungo percorso per arrivare a destinazione e sono convinto, non raramente, si possa giungere al momento giusto a fermare una mano che può fare del male. Crediamo e alimentiamo con pazienza e rispetto tra di noi la pianta del bene».

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