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Falsi "Rec" a stranieri per aprire locali: nuove chiusure e denunce

Ulteriori sviluppi dell'indagine avviata a novembre dalla Finanza di Padova hanno consentito di denunciare altre 127 persone, di cui 6 per associazione a delinquere e 4 "caporali", più la chiusura di oltre 100 attività

Si raccolgono ora gli ulteriori frutti-sviluppi dell'inchiesta sui falsi Rec -  la documentazione utile per gestire bar, ristoranti e locali in genere in cui si somministrano pasti e bevande - condotta dalla Guardia di Finanza di Padova e che lo scorso novembre aveva interessato 18 Regioni, oltre 1.600 denunciati, più di 200 tra bar, ristoranti e pizzerie chiusi o in fase di chiusura, ulteriori 2.000 esercizi sotto la lente e 552 Comuni truffati.

A NOVEMBRE: SCOPERTA LA TRUFFA DEI FALSI REC

NUOVI SVILUPPI. Le novità riguardano il coinvolgimento di ulteriori 127 persone, di cui 6 per associazione a delinquere e 4 "caporali", nonchè l'avvio dell’iter per abbassare le saracinesche di oltre 100 attività commerciali (bar, ristoranti e pizzerie, tutti esercizi per lo più facenti capo a cittadini extracomunitari), tra cui locali con sede a Padova città in zona stazione, ma anche in provincia, come a Monselice ed Este.

falsi Rec finanza Padova denunce-2I REC. I cosiddetti Rec (Registro Esercenti il Commercio) sono necessari se si vuol iniziare o gestire un’attività di somministrazione di pasti e bevande. Andrebbero conseguiti al termine di corsi professionali di 120 ore.

"SCORCIATOIE" ILLEGALI. Per un extracomunitario che ha problemi di lingua o per un italiano che non vuole perdere tempo, ecco invece la scorciatoia illegale che prevede di ottenere il Rec senza partecipare ad alcun corso, semplicemente pagando, in contanti, una somma fino ai 1.800 euro.

L'ORGANIZZAZIONE CRIMINALE. La “cupola” che gestiva il business del Rec falso era costituita da un veneziano, titolare di una società di servizi alle imprese, 3 studi commercialistici con sede a Padova e provincia e 4 veri e propri “caporali”, per lo più asiatici, incaricati di raccogliere le adesioni all’illecito commercio di attestati e cercare nuovi clienti. Quello che hanno fatto i finanzieri, in questi ultimi mesi, è stato il non limitarsi ad accertare le responsabilità di chi tirava le fila del business, ma continuare a ricostruire capillarmente anche la catena di comportamenti penalmente rilevanti ascrivibili ad ogni soggetto beneficiario del traffico di documenti fasulli. Gli sviluppi delle ultime settimane hanno consentito di snidare e denunciare all’autorità giudiziaria ulteriori 127 persone, di cui 6 per associazione a delinquere (facenti parte di due distinti sodalizi criminosi) e 4 “caporali”. 9 sono i deferiti per falso ideologico (in pratica formavano atti falsi nel contenuto usando modulistica originale) e 108 quelli segnalati alla competente Procura della Repubblica per falso materiale (documenti falsi in termini di contenuto e modulistica). Le investigazioni, coordinate dal pm Sergio Dini, hanno puntato a smascherare fino alle radici il meccanismo grazie al quale centinaia di Comuni sul territorio nazionale sono stati ingannati. Nelle maglie dell’inchiesta anche un consulente del lavoro, intermediario con i gestori di locali soggetti alla disciplina dei Rec interessati ad entrare in possesso dell’indispensabile certificato senza affrontare l’iter burocratico e formativo necessario al suo conseguimento.

UN BUSINESS FIORENTE. Grazie al “passaparola” tra gli interessati compratori di certificati falsi, il commercio è divenuto assai florido in breve tempo, con incassi di alcune centinaia di migliaia di euro, se si pensa al numero di operatori della ristorazione coinvolti e al costo del singolo documento falso. Un giro d’affari oscillante attorno ai 200mila euro solo con la tornata degli ultimi 127 indagati.

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