Una Lectio Magistralis da il via al corso sui cambiamenti climatici dell'Università: 2023 anno più caldo della storia
Spiegano dal DIpartimento Icea: «La crisi climatica in corso è sempre più evidente e rappresenta la sfida più importante dei nostri tempi: il 2023 ha segnato una nuova normalità climatica, definita dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, l’era del “global boiling” . Un anno cruciale e disastroso nel quale tutti i record storici di temperatura globale sono stati oltrepassati. Il 2023 è stato l'anno più caldo mai documentato dal 1850»
Lunedì 4 marzo, presso l’Università di Padova, si terrà la Lectio Magistralis del prof. Carlos Larrea Maldonado, membro del Comitato Direttivo del Trattato per la Non-Proliferazione dei Combustibili Fossili (FFNPT) e Direttore dell'Area Ambiente y Sustentabilidad dell’Università Andina Simón Bolívar di Quito (Ecuador). Un appuntamento che coincide con l'avvio del corso su “Cambiamenti climatici e adattamenti negli ecosistemi e nelle società” del professor Salvatore Pappalardo.
Quanto accaduto l'agosto 2023 nel paese dell’America Latina, rappresenta qualcosa di unico in relazione a come si può rispondere alla crisi climatica. Spiega il professor Pappalardo: «Lì si è svolto primo referendum al mondo per lasciare i combustibili fossili nel sottosuolo Il relatore della Lectio Magistralis, il Prof. Carlos Larrea Maldonado è stato uno dei protagonisti di un traguardo storico avvenuto in Ecuador, in cui il 20 Agosto 2023 si è tenuto il primo referendum al mondo in cui i cittadini hanno potuto esprimersi in favore o contro il mantenimento del petrolio nel sottosuolo in un’area protetta. La vittoria del sì con il 59% ha bloccato le trivellazioni della concessione petrolifera n. 43, conosciuta come blocco ITT (Ishipingo-Tambococha-Tiputini) che si sovrappone alla riserva della biosfera UNESCO Yasuni, importantissima area di conservazione biologica e culturale che comprende il parco nazionale Yasuni, la zona Intangibile riservata al diritto all’autodeterminazione dei popoli incontattati Tagaeri-Taromenane, conosciuta con l’acronimo ZITT, e i territori della nazione indigena Waorani. Una vittoria storica che è il risultato di una lunga lotta decennale che ha visto la società civile, i movimenti indigeni, gli accademici e i ricercatori collaborare per la giustizia climatica e la transizione dai combustibili fossili per preservare la biodiversità ecologica e culturale di una delle aree più biodiverse dell’intera foresta Amazzonica».
Un segnale davvero importante quello che arriva dall'Ecuador, come il professor Salvatore Pappalardo sottolinea: «L’attuale situazione di crisi climatica è causata dall’eccessivo sfruttamento delle risorse fossili (petrolio, gas e carbone), che sono responsabili di circa il 90% delle emissioni totali di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera terrestre (SEI et al., 2021). A supporto di questa tesi, molteplici pubblicazioni scientifiche e report di enti internazionali segnalano che, per restare all’interno degli obiettivi definiti dalla governance climatica internazionale, è necessaria ed urgente la sospensione immediata di ulteriori sussidi per la promozione di nuove concessioni di estrazione di idrocarburi, avviando con quei fondi l’eliminazione delle concessioni già sviluppate e/o in produzione (IEA, 2023). Un'altra ricerca nodale all’interno di questo dibattito è stata pubblicata nel 2021 da Welsby et al. che hanno mostrato che per restare all’interno dello scenario di 1.5°C di riscaldamento delineato dall’accordo di Parigi, con una probabilità del 50%, bisogna lasciare nel sottosuolo a livello di giacimenti globali rispettivamente il 58% del petrolio, il 58% di gas naturale e 89% di carbone. L’analisi elaborata non è solo quantitativa ma per la prima volta viene svolta anche un’indagine geografica a scala paese che definisce le cosiddette “unburnable carbon areas”, ovvero quelle zone in cui è prioritario iniziare l’abbondono dello sfruttamento delle risorse fossili. Nonostante le evidenze scientifiche gli attuali impegni climatici adottati dalla governance climatica internazionale non sono ancora all’altezza dell’emergenza climatica e degli obiettivi prefissati».
Un segnale davvero importante quello che arriva dall'Ecuador, come il professor Salvatore Pappalardo sottolinea: «L’attuale situazione di crisi climatica è causata dall’eccessivo sfruttamento delle risorse fossili (petrolio, gas e carbone), che sono responsabili di circa il 90% delle emissioni totali di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera terrestre (SEI et al., 2021). A supporto di questa tesi, molteplici pubblicazioni scientifiche e report di enti internazionali segnalano che, per restare all’interno degli obiettivi definiti dalla governance climatica internazionale, è necessaria ed urgente la sospensione immediata di ulteriori sussidi per la promozione di nuove concessioni di estrazione di idrocarburi, avviando con quei fondi l’eliminazione delle concessioni già sviluppate e/o in produzione (IEA, 2023). Un'altra ricerca nodale all’interno di questo dibattito è stata pubblicata nel 2021 da Welsby et al. che hanno mostrato che per restare all’interno dello scenario di 1.5°C di riscaldamento delineato dall’accordo di Parigi, con una probabilità del 50%, bisogna lasciare nel sottosuolo a livello di giacimenti globali rispettivamente il 58% del petrolio, il 58% di gas naturale e 89% di carbone. L’analisi elaborata non è solo quantitativa ma per la prima volta viene svolta anche un’indagine geografica a scala paese che definisce le cosiddette “unburnable carbon areas”, ovvero quelle zone in cui è prioritario iniziare l’abbondono dello sfruttamento delle risorse fossili. Nonostante le evidenze scientifiche gli attuali impegni climatici adottati dalla governance climatica internazionale non sono ancora all’altezza dell’emergenza climatica e degli obiettivi prefissati».
La giornata è organizzata in collaborazione con il Centro di Eccellenza per la Giustizia Climatica (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale ICEA), e la laurea magistrale internazionale Erasmus Mundus in Climate Change and Diversity: Sustainable Territorial Development, coordinata dal prof. Massimo De Marchi. Spiegano dal DIpartimento ICEA: «La crisi climatica in corso è sempre più evidente e rappresenta la sfida più importante dei nostri tempi: il 2023 ha segnato una nuova normalità climatica, definita dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, l’era del “global boiling” . Il 2023 ha rappresentato, infatti, un anno cruciale e disastroso dal punto di vista della crisi climatica, nel quale tutti i record storici di temperatura globale sono stati oltrepassati. Per citare alcuni dati climatologici, il 2023 è stato l'anno più caldo mai documentato dal 1850, nel quale la temperatura globale annua registrata è stata di 1,45 ± 0,12 °C al di sopra dei livelli preindustriali (1850-1900). Con tali valori, gli obiettivi del famoso Accordo di Parigi della COP21 (2015) che puntavano a contenere l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto” dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, limitando l’incremento a massimo 1.5°C di riscaldamento globale in modo da ridurre significativamente i relativi rischi ed impatti climatici, sembrano assai lontani dall’essere rispettati (UNFCC, 2015). Tale tendenza all'aumento della temperatura globale è costante dal 1980, dopo il quale ogni decennio è stato più caldo di quello precedente; infine, gli ultimi dieci anni (2014-2023) sono stati i più caldi mai registrati».
La giornata è organizzata in collaborazione con il Centro di Eccellenza per la Giustizia Climatica (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale ICEA), e la laurea magistrale internazionale Erasmus Mundus in Climate Change and Diversity: Sustainable Territorial Development, coordinata dal prof. Massimo De Marchi. Spiegano dal DIpartimento Icea: «La crisi climatica in corso è sempre più evidente e rappresenta la sfida più importante dei nostri tempi: il 2023 ha segnato una nuova normalità climatica, definita dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, l’era del “global boiling” . Il 2023 ha rappresentato, infatti, un anno cruciale e disastroso dal punto di vista della crisi climatica, nel quale tutti i record storici di temperatura globale sono stati oltrepassati. Per citare alcuni dati climatologici, il 2023 è stato l'anno più caldo mai documentato dal 1850, nel quale la temperatura globale annua registrata è stata di 1,45 ± 0,12 °C al di sopra dei livelli preindustriali (1850-1900). Con tali valori, gli obiettivi del famoso Accordo di Parigi della COP21 (2015) che puntavano a contenere l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto” dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, limitando l’incremento a massimo 1.5°C di riscaldamento globale in modo da ridurre significativamente i relativi rischi ed impatti climatici, sembrano assai lontani dall’essere rispettati (UNFCC, 2015). Tale tendenza all'aumento della temperatura globale è costante dal 1980, dopo il quale ogni decennio è stato più caldo di quello precedente; infine, gli ultimi dieci anni (2014-2023) sono stati i più caldi mai registrati».