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Il Veneto stretto tra inquinamento e siccità

La penuria d'acqua, che sul Settentrione del Paese non ha mai mollato la presa, ricomincia a mordere in modo significativo anche in un territorio nel quale per la scarsità delle piogge nei corsi d'acqua la concentrazione dei contaminati aumenta: un versante che rimane caldo rispetto al quale tra Veronese, Vicentino e Padovano starebbero indagando pure tre procure

Mentre il Comune di Vicenza (con una nota diramata ieri 13 febbraio) con l'innalzamento delle temperature segnala anche il rischio dell'aumento degli inquinanti dell'aria, la provincia berica, il Veneto e più in generale tornano a soffrire per una siccità che nei mesi. Proprio per il Veneto i dati snocciolati in un breve rapporto pubblicato sul bollettino on-line dell'Università di Padova parlano da soli, ma c'è di più. Con l'aumento della siccità, che da oltre un anno non ha mai abbandonato il Settentrione per vero, aumentano le concentrazioni degli inquinanti nei fiumi.

TRE PROVINCE
Oltre all'allarme lanciato il mese scorso da Legambiente (ne parla Vicenzatoday.it del 18 gennaio: al Nord continua a piovere «sotto la media e sotto le aspettative»), oltre ai problemi connessi, anche su scala globale all'effetto serra indotto dalle attività umane per l'uso di combustibili fossili, il Veneto deve fronteggiare un altro problema: quello del possibile aumento delle concentrazioni dei contaminanti nel Fratta Gorzone. Oltre ai Pfas (i temutissimi derivati del fluoro la cui presenza in tutto il Veneto centrale tra Padovano, Vicentino e Veronese, è in gran parte attribuita alla trissinese Miteni) sul tappeto rimane la questione Fratta-Gorzone in sé. L'asta dell'Agno-Guà-Fratta-Gorzone rimane infatti interessata da un inquinamento ad ampio spettro in buona parte attribuibile al peso del polo chimico dell'Ovest vicentino, a partire dalle attività conciarie. E peraltro sono note, e spesso messe sulla graticola, a causa del notevole consumo di acqua.

I TIMORI DI AGRICOLTORI E ECOLOGISTI
Nell'ottobre dello scorso anno un consigliere regionale veneto di Lonigo (si tratta di Cristina Guarda di Europa verde) chiese de facto alla Regione Veneto, senza successo, di bloccare gli scarichi industriali dell'Ovest vicentino che attraverso un tubo collettore sotterraneo, quello del consorzio Arica, portano i reflui sino a Cologna Veneta nel Veronese. Reflui che poi vengono diluiti per l'appunto nel Fratta Gorzone grazie all'apporto di acqua proveniente dall'Adige attraverso il canale irriguo Leb. Sullo stesso fronte, «che rimane caldissimo», pochi giorni prima si era mossa pure Legambiente. Di più. In queste ore nella rete ecologista si stanno moltiplicando le voci di chi vorrebbe uno stop o una drastica diminuzione dei prelievi dalla falda per usi industriali in modo da preservare, almeno in parte, la produzione agricola.

MAGISTRATURA AL LAVORO
L'acqua così, pregna di contaminanti, seppur diluita, finisce per costituire una delle principali fonti di approvvigionamento idrico per le colture delle campagne che tra Vicentino (in parte) ma soprattutto tra Padovano e Veronese sono interessate da una produzione agricola da sempre caratterizzata da grandi numeri. La presenza dei contaminanti nell'acqua da anni però agita il sonno non solo degli agricoltori ma pure degli ambientalisti. Che dopo la crisi idrica dello scorso anno hanno deciso di inviare alcune segnalazioni alle autorità competenti. Da quanto è filtrato in questi mesi le procure di Padova, Vicenza e Verona avrebbero aperto, nel più stretto riserbo, tre distinti fascicoli. L'esito dei quali non è ancora dato sapere.

I PRESÌDI
Ad ogni modo queste preoccupazioni potrebbero riverberasi sulla manifestazione «no Pfas» prevista sabato 25 febbraio. Nel pomeriggio di quella data tre diversi presìdi (uno davanti agli uffici della giunta regionale veneta a palazzo Balbi nel centro di Venezia), uno davanti al municipio di Trissino e uno davanti alla Miteni di Trissino, porranno ancora una volta il tema dell'inquinamento degli ecosistemi del Nordest. Per quanto concerne poi lo specifico dei Pfas ora sono alcuni paesi del Vecchio continente, anche per il tramite della Ue, a chiedere a gran voce la messa al bando dei temuti derivati del fluoro, i Pfas appunto: messa al bando che vede la netta contrarietà dell'industria chimica e di quella militare. Che poi è una delle grandi utilizzatrici di quel gruppo di sostanze che per vero ormai trovano applicazione in una infinità di ambiti produttivi.

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