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Bando Maeci, anche a Padova docenti e studenti contro gli accordi con le università israeliane

In tutta Italia docenti, ricercatori e studenti chiedono ai propri rappresentanti "di non aderire al bando di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele pubblicato dal Maeci" e richiamano le istituzioni italiane al proprio obbligo di prevenire e di non essere complici in atti di genocidio secondo la Convenzione Onu del 1948

Come in altre città, a Firenze lo hanno sottoscritto in 200 tra docenti, dottorandi e ricercatori, a Napoli è stata occupata occupata l'Università, anche nell'ateneo patavino ci sono sottoscrittori di una lettera-appello per chiedere alla propria università "di non aderire al bando di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele pubblicato dal Maeci". Anche da noi c'è quindi chi vorrebbe fosse sospeso, fino a che non tornano a tacere le armi e si ristabilisce il diritto internazionale. Cosa che in realtà non accade mai da quelle parti, ma è anche vero che prima del 7 ottobre la questione israelo - palestinese, come si diceva una volta, era davvero finita nel dimenticatoio. Ora però, a fronte di ciò che nonostante tutto si riesce a evincere di quanto sta accadendo, diventa davvero complicato restare in silenzio assistendo a quello che è un vero e proprio massacro di civili, di violazioni di diritti umani, di negazione del diritto internazionale, sempre che questi termini abbiano ancora un senso in un tempo come quello che stiamo vivendo. 

I sottoscirittori, da tutte le facoltà d'Italia, sono qualche migliaio, chiedono ai propri rappresentanti "di non aderire al bando di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele pubblicato dal Maeci" e richiamano le istituzioni italiane al proprio obbligo di prevenire e di non essere complici in atti di genocidio secondo la Convenzione Onu del 1948. 

Dopo il 7 ottobre, come si diceva, è però tutto cambiato. Quanto compiuto da Hamas, la strage di giovani al rave e il rapimento di centinaia di persone ha scatenato una violenta reazione del governo di Tel A Viv, che da subito è apparsa sproporzionata anche se dai più giustificata. Ma da sproporzionata si è poi passati a "vendetta esagerata" per arrivare ad oggi, dove si discute se è lecito parlare di genocidio, oppure no. A fronte di questa battaglia che è in fondo solo e unicamente un esercizio di stile, c'è la tragedia quotidiana che stanno subendo, ora più che mai, gli abitanti di Gaza, da oramai sei mesi. 

Dalle facoltà è partito da subito un grido d'allarme, un appello alla politica nostrana affinché intervenisse per dissuadere Nethanyau dal continuare con questi eccessi, non fosse altro per non destabilizzare l'intera area che si affaccia al Mediterraneo. Ma di fatto la narrazione è stata incentrata sul fatto che chi era contro l'intervento militare di Israele nella Striscia diventava automaticamente un supporter di Hamas. Cosa che può anche essere accaduta, ma non in così tanti casi da dover per forza generalizzare. A fronte di queste schermaglie dialettiche, tornando al punto, c'è la realtà di quanto sta accadendo, della tragedia che si sta consumando. Per questo la raccolta firme, gli appelli, affinché la guerra stessa venga boicottata. Un concetto che oggi appare naif ma che è sempre stato molto in voga in tutti i movimenti che si sono opposti alla logica dei bombardamenti e della risposta militare. E' accaduto per la guerra del Vietnam, del Kosovo e per quella in Iraq, per fare dei facili esempi. E boicottare la guerra in questo significa non avere rapporti con chi fa ricerca e sviluppa tecnologie, usate anche, se non sopratutto, a scopi militari. Al netto dei giudizi che si possono avere e dare, è innegabile che questo tipo di relazioni ci siano. E' quindi una conseguenza naturale che ci che possa essere anche chi non vuole che nel luogo sacro della formazione, della conoscenza e della formazione oltre che del dialogo tra popoli, si possa in qualche modo contribuire alla guerra. OItre ad alcuni professori, cinque di loro hanno pure pubblicato su un quotidiano una lettera in cui spiegano il perché della loro posizione, ci sono anche tanti studenti, organizzati o meno. Tra questi ci sono ad esempion gli attivisti dello spazio Catai che hanno organizzato una manifestazione che si terrà proprio durante la seduta del Senato Accademico. Nella stessa giornata alcuni dei professori che hanno sottoscritto la lettera appello porteranno il tema nelle aule per dibatterne proprio con gli studenti. 

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