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Trattamento dei linfomi non Hodgkin, scoperta a Padova la rivoluzionaria terapia

Un team di ricercatori dell'Università di Padova e dello Iov - Istituto Oncologico Veneto ha scoperto una nuova strategia per il trattamento di questi tumori maligni

I linfomi non Hodgkin (LNH) sono tumori maligni che originano dai linfociti B e T, nel tessuto linfatico di linfonodi, milza, timo e midollo osseo. Ad oggi sono identificate più di 40 forme diverse di LNH, ciascuna delle quali è caratterizzata da un differente andamento clinico-prognostico e quindi uno specifico approccio terapeutico. Questi tumori in Italia sono la quinta forma di cancro più comune negli uomini e la sesta nelle donne. I LNH vengono suddivisi in linfomi indolenti (basso grado di malignità) ed aggressivi (alto grado di malignità), questi ultimi caratterizzati da un rapido decorso clinico e da una minore sopravvivenza. La forma più frequente è il linfoma B diffuso a grandi cellule (DLBCL), che rappresenta da solo circa il 40% di tutti i linfomi aggressivi.

Linfomi non Hodgkin

Diversi studi hanno chiaramente dimostrato in queste forme un significativo vantaggio terapeutico della combinazione di chemioterapia convenzionale e anticorpi monoclonali (mAbs) con una sopravvivenza libera da malattia a 10 anni dalla diagnosi in circa il 60-70% dei casi. Tuttavia, quando i linfomi aggressivi non rispondono alla terapia standard (refrattari) o recidivano, la prognosi è scarsa. Nello studio "Innovative therapeutic strategy for B-cell malignancies that combines obinutuzumab and cytokine-induced killer cells" appena pubblicato sul "Journal for ImmunoTherapy of Cancer" (la rivista più prestigiosa nel settore dell’immunoterapia dei tumori, IF: 13,751), il gruppo di ricerca guidato dal prof. Antonio Rosato del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell’Università di Padova (DiSCOG, foto di gruppo) e dalla dr.ssa Roberta Sommaggio dell’Istituto Oncologico Veneto (IOV-IRCCS, foto al microscopio) ha avanzato una nuova strategia per il trattamento di linfomi a cellule B utilizzando una terapia di combinazione basata su cellule CIK e anticorpi monoclonali anti-CD20.

Lo studio

Spiega il prof. Antonio Rosato, Dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell’Università di Padova: «Questo studio nasce dalla necessità di trovare approcci alternativi di immunoterapia per il trattamento di pazienti adulti con linfoma B diffuso a grandi cellule che non rispondono alla terapia CAR-T, ed è basato sull’osservazione che le cellule CIK sono in grado di agire contro il tumore facendo in modo che gli anticorpi fungono come da GPS per indirizzare la cellula killer al bersaglio perché riconoscono con precisione assoluta le cellule tumorali in un meccanismo di tipo chiave-serratura. Gli studi in vivo effettuati in modelli preclinici di linfoma B confermano che il trattamento con cellule CIK re-indirizzate con anticorpi anti-CD20 esercita un maggior effetto di controllo della crescita tumorale e aumenta la sopravvivenza, rispetto all’inoculo di cellule CIK da sole o in associazione ad anticorpi aspecifici»

Terapie

Le terapie con cellule CAR-T, ovvero cellule T del sangue del paziente modificate geneticamente in laboratorio per fare in modo che colpiscano le cellule tumorali, sono una forma di Terapia Cellulare Adottiva (ACT) che si basa sulla raccolta di cellule immunitarie dei pazienti, il loro trasferimento in laboratorio per espanderle in elevate quantità, e spesso la loro modificazione genetica per renderle capaci di riconoscere più specificamente il tumore. Queste terapie che prevedono manipolazioni genetiche hanno lo svantaggio di incrementare drammaticamente i costi di produzione, i controlli di qualità e la logistica di somministrazione; pertanto, la ricerca di approcci alternativi di immunoterapia che siano maggiormente sostenibili per la sanità pubblica assume un ruolo di primaria importanza.

Roberta Sommaggio-2

Alternativa

Afferma la dottoressa Roberta Sommaggio dell’Istituto Oncologico Veneto: «Una interessante alternativa di terapia cellulare adottiva ACT per la cura di malattie neoplastiche che ancora non presentano valide opzioni terapeutiche è rappresentata da cellule Killer Indotte da Citochine, le CIK appunto. Le CIK possono essere facilmente ottenute da donatore sano o dal paziente stesso ed espanse in laboratorio, ed esercitano una potente attività citotossica nei confronti di tumori sia ematologici che solidi, ma non di tessuti normali e precursori ematopoietici e hanno il vantaggio di non richiedere manipolazioni genetiche, con costi di produzione pertanto contenuti. Diversi studi clinici hanno dimostrato la fattibilità e l'efficacia terapeutica delle infusioni di cellule CIK, la loro bassissima tossicità contro i tessuti normali». Nel loro insieme, i dati appena pubblicati indicano che questo approccio di combinazione tra terapia cellulare e anticorpi monoclonali possa costituire una nuova e promettente strategia per la cura dei linfomi a cellule B, prospettandosi come una valida alternativa all’utilizzo dei CAR-T e aprendo al contempo la possibilità di implementazione ed applicazione ad altre tipologie tumorali. Le cellule CIK infatti presentano il vantaggio di non dover essere geneticamente manipolate, come avviene per le cellule CAR-T, e di essere facilmente e rapidamente espandibili in vitro con costi di produzione contenuti, mentre la specificità per l’antigene tumorale, anche in altri contesti neoplastici, è conferita dalla combinazione con anticorpi monoclonali già utilizzati in clinica.

Risultati

Conclude il professor Rosato: «I risultati di questo lavoro sono l’espressione di una marcata multidisciplinarietà e di collaborazione tra diverse realtà del territorio:, da una parte, l’Università di Padova e lo IOV-IRCCS, eccellenze nella ricerca e nella oncologia clinica, e dall’altra il Laboratorio di Terapie Cellulari Avanzate (LTCA, foto camera bianca) dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, uno fra i pochi laboratori italiani autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a produrre medicinali a base di cellule, i cosiddetti “Prodotti Medicinali di Terapia Avanzata” (ATMP). Grazie a questa sinergia è stato possibile costruire un percorso di traslazione dalla ricerca fino alla produzione del farmaco-cellula. Il prossimo passo sarà quello della sperimentazione clinica, che si conta di avviare già entro il 2021».

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